sabato 23 gennaio 2010

Fatti e cifre sullo sviluppo del Tibet

da People Daily - english.people.com.cn/90002/93607/93800/6395279.html
Traduzione dall'inglese per http://www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

Fatti e cifre sullo sviluppo del Tibet
18/04/08

Quali sono i cambiamenti che hanno avuto luogo nell'altopiano innevato della regione autonoma del Tibet dal momento della pacifica liberazione nel 1951? Nel seguito alcuni dei fatti e delle cifre più importanti sul Tibet.

Reddito fiscale: il governo della Regione autonoma del Tibet ha rotto la sequenza record di entrate fiscali a zero nel 1988. Nel 2007 la regione ha realizzato 2,3 miliardi di yuan (328 milioni di dollari) in entrate fiscali.

Assistenza sanitaria: L'aspettativa media di vita del popolo tibetano è aumentata da 35,5 anni prima della riforma democratica del Tibet nel 1959, a 67 anni. La mortalità alla nascita è scesa da 5.000 ogni 100.000 gravidanze prima nel 1950 a 247,49 ogni 100.000 gravidanze. Il Tibet ha ora 1.343 presidi medici che impiegano 9.095 operatori sanitari. Tra questi, 4.270 hanno le licenze per esercitare la professione medica. Il tasso di posti letto negli ospedali e personale medico per 1.000 abitanti ha raggiunto rispettivamente il 3,2 e 2,64. Secondo il servizio sanitario regionale, il 100 per cento degli agricoltori e pastori sono coperti dal sistema di cure sanitarie.

Popolazione e benessere: La popolazione tibetana è aumentata molto lentamente prima del 1950, quando erano assenti sistemi di protezione sociale per i tibetani. La popolazione tibetana nel corso di 200 anni prima del 1950 era rimasta ferma a circa un milione di abitanti. Un censimento del governo regionale nel 1953 attestava la popolazione a un milione di abitanti, con un incremento di 58.000 persone in 200 anni. Dall'ultimo censimento è emerso che il totale della popolazione in Tibet ha raggiunto 2,8 milioni sul finire del 2007, 31.500 persone in più rispetto l'anno precedente, e molto più del doppio rispetto la situazione prima del 1950. Attualmente, i 330.000 residenti in città nel Tibet sono coperti dall'assicurazione sociale.

Istruzione: Non c'era l'istruzione pubblica nel vecchio Tibet, quando meno del due per cento dei bambini in età scolare aveva l'accesso all'istruzione scolastica e il tasso di analfabetismo tra le persone in età lavorativa superava il 95 per cento. Allo stato attuale, in tutte le 73 contee del Tibet, sono previsti sei anni di istruzione obbligatoria. 63 contee hanno superato il traguardo raggiungendo nove anni di istruzione obbligatoria, eliminando sostanzialmente l'analfabetismo tra le persone in età lavorativa. I nove anni di istruzione obbligatoria riguardano il 90,2 per cento dei bambini in questi paesi, dove la qualità della scuola è in continuo miglioramento. Finora, i tassi di iscrizione nelle scuole primarie, scuole medie, superiori e universitarie, hanno raggiunto rispettivamente il 98,2 per cento, 90,7 per cento, 42,96 per cento e 17,4 per cento. Il tasso di analfabetismo tra le persone in età lavorativa è scesa al 4,76 per cento.

Vita sociale: Sulla base di statistiche dell'autorità del vecchio Tibet, circa il 90 per cento del popolo tibetano non aveva un proprio alloggio di proprietà. Oggi, quasi tutti i tibetani alloggiano stabilmente, ad eccezione delle aree dedite al nomadismo da transumanza. Per migliorare ulteriormente il livello di vita dei tibetani, un programma sostenuto dal governo ha contribuito a costruire nuove case per 114.000 famiglie o 570.000 agricoltori e pastori dal 2006. Il reddito pro-capite dei contadini e pastori ammontava l'anno scorso a 2.788 yuan (398 dollari Usa), e quello della popolazione urbana è salito a 11.131 yuan (1.590 dollari). I dati del 2006 contano 143.900 veicoli privati, il 35,2 per cento in più rispetto all'anno precedente. Su una popolazione di 2,81 milioni, significa che un abitante su 20 tibetani dispone di un automobile.

Economia e sviluppo sociale: Non c’era industria nel vecchio Tibet, mentre lo sviluppo agricolo era stagnante. Nel 2007, si sono aggiunti 171.770 ettari di aree destinate alla produzione di grano in Tibet, 110 ettari in più del 2006. Il valore aggiunto industriale nel 2007 cresce del 17,1 per cento su base annua fino a 2,57 miliardi di yuan (367 milioni di dollari). La regione è stata raggiunta da 4,02 milioni di visitatori nel 2007. I ricavi del settore turistico contano 4,8 miliardi di yuan (686 milioni di dollari), con una crescita del 73,3 per cento di anno in anno. Le entrate dal turismo contabilizzano il 14,2 per cento del prodotto interno lordo della regione nel 2007, 4,6 punti percentuali in più rispetto al 2006.

Trasporti, poste e telecomunicazioni: Non c’era una rete stradale nel vecchio Tibet. L'anno scorso, sono stati aperti al traffico 48.611 chilometri di strade nella regione, superando di 3.798 km il record del 2006. Nel vecchio Tibet erano disponibili moderni mezzi di comunicazione. Tuttavia, alla fine dello scorso anno, il numero di iscritti alla telefonia fissa o mobile ha registrato 1,44 milioni di persone, oltre 155.200 unità in più rispetto al dato dello scorso anno. Il tasso di accesso al telefono si attesta a 52 su 100 persone.

Diritti democratici: Nel 1961 si sono svolte le elezioni generali in tutto il Tibet, inedite nella storia tibetana. Per la prima volta, ex servi della gleba e schiavi poterono godere dei diritti democratici dei loro padroni. Dal momento della fondazione del governo regionale nel 1965, i tibetani hanno esercitato i loro diritti, riconosciuti dalla Costituzione e dalle leggi, di eleggere ed essere eletti. L'organo di governo autonomo della regione autonoma del Tibet è stato eletto e guidato principalmente dai tibetani e altri gruppi etnici. In base ai dati forniti dal dipartimento demografico della regione, il 69,36 per cento dei leader del governo regionale sono tibetani o di altri gruppi etnici, mentre i tibetani, e le altre etnie, costituiscono il 74,39 per cento dei professionisti della regione.

Cultura: la Cina ha stanziato 700 milioni di yuan (100 milioni di dollari) dal bilancio dello Stato per la conservazione dei beni culturali in Tibet. Più di 4.000 luoghi religiosi sono stati conservati e aperti al pubblico. Il bilancio per questo anno è stato fissato a 570 milioni di yuan (81 milioni di dollari), che verranno utilizzati per la conservazione di 22 siti culturali. Tra i 4.000 operatori culturali, il 90 per cento sono tibetani, perlopiù giovani di talento.

mercoledì 20 gennaio 2010

Cinque domande sulla ribellione in Tibet del 2008

www.resistenze.org - popoli resistenti - cina - 30-03-08 - n. 221

da Rebelion - www.rebelion.org/noticia.php?id=65321

Cinque domande sulla ribellione in Tibet

1) Che cos’è successo realmente? – 2) Qual’era l’obiettivo di questa ribellione? – 3) Bugie mediatiche: per quale fine? – 4) Il movimento tibetano è spontaneo e indipendente? – 5) La Cina è condannata da tutta la comunità internazionale?

Michel Collon
30/03/2008

Introduzione: Fatti! Fatti, e ancora fatti!

Dopo il nostro ultimo “speciale Tibet” abbiamo ricevuto moltissime lettere. Non possiamo rispondere a ciascuna. Faccio le mie scuse. Dalle lettere ricevute emergono tre tendenze (ricordiamo che il nostro notiziario raggiunge cinquantamila destinatari e arriva a persone di vario orientamento politico, non solo di sinistra).


1. Molti gradiscono il nostro lavoro e lo diffondono.
2. Molti altri cercano di dialogare e di porci delle domande costruttive, il che coincide con i nostri propositi.
3. Altri ancora, sono così indignati che ci affibbiano ogni tipo di epiteti. Ma ci può essere un dialogo con gli epiteti? Noi rispondiamo Fatti! Fatti e ancora fatti!


Una precisazione, qui non si tratta di difendere tutto ciò che fa Pechino (per esempio quello che è successo durante la rivoluzione culturale). Si tratta del diritto dei cittadini a ricevere una informazione corretta ed esaustiva. Indispensabile per farsi un’opinione. E per farlo, bisogna sentire la versione di entrambe le parti. Cosa penseremmo di un giudice che non volesse ascoltare entrambe le parti?

Da quattro anni questo sito informa sulle menzogne mediatiche. Se c’è stata disinformazione in Irak, Yugoslavia, Palestina, Venezuela e in tutti i grandi conflitti in cui erano in gioco gli interessi statunitensi ed europei, perché il Tibet dovrebbe essere un’eccezione?

Sebbene del contenuto degli articoli risponda un solo autore, noi vorremmo fare tre domande:


1. Se quello che capita in Tibet è così chiaro, perché ci hanno propinato tante bugie mediatiche negli ultimi giorni?
2. Perché non si spiega che questi fatti sono stati preparati dalla CIA con metodi già utilizzati in precedenza, contro il Vietnam o per far cadere Salvdor Allende?
3. Perché si nascondono gli interessi strategici che hanno gli USA in quella regione? A questo proposito citiamo il documento fondante della politica di Bush: il già noto “Project for a New American Century (PNAC)”. In quel documento la Cina appare come l’ostacolo principale alla dominazione mondiale degli USA.

Ciascuno deve farsi la sua opinione senza lasciarsi impressionare.

Michel Collon e la squadra Investig'Action


Cinque domande sulla ribellione in Tibet
Peter Franssen

Questo notiziario è totalmente dedicato ai fatti che si sono svolti in Tibet. Lo scorso venerdì 14 marzo si è verificata una ribellione a Lhasa, capitale della Regione Autonoma del Tibet. Ciò che è successo ha scatenato proteste in tutto il mondo contro l’intervento della polizia antisommossa e dell’esercito cinese. Seguono cinque domande essenziali e un abbozzo di risposta per ognuna.

1. Cos’è successo davvero?

In Occidente l’opinione pubblica ha avuto l’impressione che dei manifestanti pacifici, diretti da monaci, avessero sfilato per le strade di Lhasa per chiedere libertà, e che la polizia cinese ed il suo esercito fosse intervenuto in modo molto repressivo. Nei cinque, dieci giorni seguenti, molta gente continuava a mantenere questa versione. Nancy Pelosi, presidente del parlamento statunitense e numero due della gerarchia politica del suo paese, è una di quelle. Pelosi ha dichiarato pubblicamente che il comportamento della Cina era “una sfida alla coscienza del mondo”.
Si veda l’articolo: www.iht.com/articles/ap/2008/03/21/news/Pelosi-Dalai-Lama.php

“Se non parliamo ora, non avremo mai più diritto di parlare”, ha aggiunto la signora. Il Dalai Lama l’ha ringraziata affermando che gli USA erano i “campioni della libertà e della democrazia”. Il Dalai Lama può dirlo perché ha la fortuna di essere tibetano e non di vivere in Vietnam, Cambogia, Laos, Afghanistan o Irak, per citare solo qualcuno dei paesi in cui gli USA, questi “campioni di libertà e democrazia”, hanno scatenato guerre. Guerre che hanno potuto contare sulla benedizione di questo pacifista dall’eterno sorriso che è il Dalai Lama.

Due giorni dopo la dichiarazione di Nancy Pelosi, il tedesco Hans-Gert Poettering, presidente del Parlamento Europeo, affermava che “se il governo cinese continua questa linea dura con il Tibet, dovremo pensare a boicottare i Giochi Olimpici”.
Si veda l’articolo: www.ft.com/cms/s/0/7f31888c-f8e5-11dc-bcf3-000077b07658.html

Questa proposta di boicottaggio l’aveva già fatta giorni prima il ministro francese degli Esteri Bernard Kouchner. Il suo collega tedesco, Frank Walter Steinmeier, ha anche lanciato un avvertimento alla Cina dichiarando che il suo comportamento avrebbe potuto compromettere i Giochi Olimpici.
Si veda l’articolo: http://ap.google.com/article/ALeqM5h79xS2DH2a0P1VYcF_2aHikRFJtAD8VHTPG0

Possiamo credere alla sincerità di Pelosi, Poettering, Kouchner o Steinmeier. Senza dubbio, tutte le dichiarazioni, i reportages, i video e le foto dei testimoni diretti dei fatti dimostrano proprio il contrario di quello che quei politici pretendono sia accaduto. Attualmente, possiamo dire con certezza, che lo scorso 14 marzo non ci sono state manifestazioni, ma un vero e proprio moto insurrezionale. Gruppi di giovani (a volte accompagnati da monaci), armati di coltelli, pugnali, pietre e bottiglie molotov, hanno dato fuoco a negozi, veicoli e abitazioni private. Ad eccezione dei turisti, sono stati minacciati tutti i tibetani. Non sono stati attaccati solo i cinesi (a volta fino alla morte), ma anche i musulmani hui. La violenza è stata brutale e di natura etnica e razzista. Raccogliamo una serie di testimonianze provenienti per lo più da fonti occidentali.

“Davanti al nostro hotel hanno dato fuoco a quattro edifici”
”Nell’incrocio davanti al mio hotel ho potuto vedere come alcuni tibetani inferociti prendevano a sassate i cinesi in motocicletta che passavano da lì. Quando qualcuno cadeva dalla motocicletta, li picchiavano brutalmente”, dichiara un turista olandese nel quotidiano De Volkskrant.
Si veda l’articolo: www.volkskrantreizen.nl/blogpost.php?username=reisredactie&webtitle=nederlanders_over_onluste&usergroup=redacti

“Non si salvavano neanche gli anziani”
Il quotidiano francese Le Parisien ha pubblicato un’intervista con un turista canadese, John Kenwood. Il testimone racconta come una banda abbia tirato giù da una motocicletta e preso a botte un anziano. Un occidentale che passava da lì è riuscito a salvarlo.
Si veda l’articolo: www.leparisien.fr/home/info/international/articles/SCENES-DE-LYNCHAGE-DE-CHINOIS-PAR-DES-TIBETAINS_296267549#header

Le immagini dell’insurrezione
Possiamo vedere alcune immagini in cui un uomo infuriato colpisce un cinese in motocicletta. Il cinese viene raggiunto da sei o sette pietre. Altri si lanciano sul di lui, lo atterrano e continuano a colpirlo, anche a terra. Più tardi raggiunge un ospedale. Ha perso un occhio.
Avviso: queste immagini sono molto violente: www.youtube.com/watch?v=Jr3vhPo0pK0

Non si sono salvati né gli ospedali né le scuole.
Il bilancio è molto alto: 13 morti e 325 feriti, 422 negozi, 120 abitazioni private, 6 ospedali e 7 scuole hanno patito attacchi di varia gravità.
Si veda l’articolo: http://english.peopledaily.com.cn/90001/90776/90882/6376824.html

Cinque ragazze bruciate vive
Un gruppo di manifestanti ha incendiato un negozio di Lahsa. In quel negozio lavoravano sei commesse. Cinque sono morte bruciate vive. La più vecchia aveva 24 anni, la più giovane 18.
Si veda l’articolo: www.chinadaily.com.cn/china/2008-03/20/content_6553129.htm

«Non manifestanti, ma criminali!»
Un articolo del giornale tedesco Junge Welt sostiene che non si trattava di manifestanti, ma di criminali!
Si veda l’articolo: www.jungewelt.de/2008/03-20/059.php

“Intorno a me era tutto in fiamme”
Il giornalista Benjamin Morgan ha intervistato vari turisti stranieri che tornavano dalla capitale tibetana Lhasa. Ai turisti costava fatica trovare le parole giuste per descrivere le brutalità cui avevano assistito nei giorni prima.
Si veda l’articolo: www.smh.com.au/news/world/crackdown-as-10-burnt-to-death-in-Tíbet-riots/2008/03/15/1205472170804.html

“Attaccavano con pietre, coltelli da macellaio e machete”
La testimonianza dello spagnolo Juan Carlos Alonso.
Si veda l’articolo: www.straitstimes.com/Latest%2BNews/Asia/STIStory_217614.html

I feriti raccontano la loro esperienza
Dal loro letto d’ospedale, due musulmani ci raccontano le loro esperienze.
Si veda l’articolo: http://news.xinhuanet.com/english/2008-03/16/content_7802771.htm

Sono stati aggrediti anche i musulmani
James Miles spiega in che modo i teppisti attaccavano tutto quello che non era tibetano.
Si veda l’articolo: www.economist.com/daily/news/displaystory.cfm?story_id=10870258

“Si è potuto vedere come picchiavano la gente fino alla morte”
Un turista danese offre la sua testimonianza. L’articolo è in danese, ma qui si può leggerne un estratto in inglese:
www.guardian.co.uk/world/feedarticle/7386817

Un turista: “Il quartiere musulmano è stato distrutto completamente”
Negozi saccheggiati, incendiati.. Tutto il quartiere devastato.
Si veda l’articolo: www.arabtimesonline.com/client/pagesdetails.asp?nid=13971&ccid=18

2. Quale era l’obiettivo di queste violenze?

Provocare il governo cinese
C’è stata una ribellione spontanea? Si tratta di un’esplosione di furia popolare che, malauguratamente, è finita male? Questa è la versione che ci vuole dare il Dalai Lama. Le organizzazioni estremiste hanno ammesso che avevano pianificato ciò che è successo. La tattica prevista era provocare le autorità cinesi. Il 15 marzo, cioè il giorno seguente la ribellione, The Seattle Times ha pubblicato un articolo che portava il titolo “Esaminare la Cina”. Tsewang Rigzin, presidente dell’estremista Lega della Gioventù Tibetana, ha dichiarato che i Giochi Olimpici sono un’occasione per trasmettere la loro causa all’opinione mondiale. “Vogliamo sondare la Cina.Vogliamo che mostri il suo vero volto. Per questo la provochiamo così”.
Si veda l’articolo: http://seattletimes.nwsource.com/html/nationworld/2004284049_Tíbetanalysis.html

I fatti hanno seguito il piano previsto. In questo video possiamo osservare, in circa 90 secondi, un uomo armato con due bastoni, in piedi sul tetto di un’auto della polizia. Si tratta del dirigente di una delle bande di violenti. Quell’uomo, facente parte della Lega della Gioventù Tibetana, è noto ai servizi segreti della polizia cinese. È passato alla clandestinità. Quell’uomo faceva parte di un gruppo di 40 tibetani che un mese prima dei fatti, avevano ricevuto un corso intensivo di tre giorni nella città indiana di Dharamshala, dove si trovava il Dalai Lama. Uno degli istruttori non era niente meno che il capo de “The Voice of Tibet”, un’emittente radio finanziata dalla CIA. Durante il corso vennero trattate tematiche come il ruolo dei media, la situazione del Tibet, l’importanza dei Giochi Olimpici, l’importanza di un’azione coordinata sul campo.
Si veda l’articolo: www.phayul.com/news/article.aspx?id=19302

I due manuali utilizzati in quel corso erano già stati usati in precedenza, per esempio nell’Europa dell’Est, dove giovani di organizzazioni di estrema destra, Otpor (Serbia) e Pora (Ucraina), diretti e formati dalla CIA e da altri servizi segreti, hanno partecipato a questi corsi per preparare la famosa “rivoluzione arancione”. Nel 2006 l’Istituto Albert Einstein ha tradotto quei manuali. Il prologo di uno è nientemeno che del Dalai Lama.
Si può leggerlo per intero: www.aeinstein.org/organizationsTibetanFDTD.html

Restaurare la teocrazia
La dichiarazione del presidente dell’organizzazione della gioventù che troviamo qui sotto, coincide con gli obiettivi della ribellione fissata da cinque organizzazioni tibetane separatiste. In questo testo si vede chiaramente che le cinque organizzazioni pretendevano far scoppiare una rivolta che ponesse fine alla “occupazione”. Queste sono: il Congresso della Gioventù Tibetana, la Associazione delle Donne Tibetane, il Movimento Gu-Chu-Sum del Tibet, il partito Nazionale Democratico del Tibet e gli Studenti per un Tibet Libero. Nella sua piattaforma di rivendicazioni possiamo trovare l’obiettivo del ritorno del Dalai Lama in Tibet, a cui “conviene dare il posto che gli spetta per diritto come dirigente legittimo del popolo tibetano”. Queste organizzazioni pretendono, pertanto, il ritorno della teocrazia in Tibet. E’ come se i fondamentalisti cattolici volessero la restaurazione dell’ordine feudale medievale in Europa, “consegnando al Papa il suo posto legittimo” alla guida del potere temporale.

Declaration Tibetan Uprising (Dichiarazione sull’insurrezione tibetana) 4 gennaio 2008.
Si veda l’articolo: http://tibetanuprising.org/2008/03/11/background/

Indurre all’escalation di violenza
Di fronte all’opinione pubblica mondiale il movimento tibetano sembra molto amichevole e pacifico, essenzialmente spirituale e dedicato all’elevazione delle anime. Ma ciò che è successo a Lhasa ci mostra una realtà molto diversa. Sei giorni dopo i morti a Lhasa, dopodiché era legittimo aspettarsi una pausa da parte degli istigatori delle violenze, quelle provocazioni si sono di nuovo verificate. Il 20 marzo appartenenti alle cinque organizzazioni separatiste menzionate si sono riunite col Dalai Lama e gli hanno chiesto di fare un appello alla violenza.

Tibetan Youth Congress meets Dalai Lama Meyul (Il Congresso della Gioventù Tibetana si riunisce col Dalai Lama) 20 marzo 2008
Si veda l’articolo: http://meyul.com/2008/03/20/tibetan-youth-congress-meets-dalai-lama/

Per ottenere lo smembramento della Cina
Alcune fra le principali autorità del movimento tibetano pretendono di smembrare la Cina e nei loro desideri non c’è solo il Tibet, ma vorrebbero che la Regione Autonoma dello Xinjiang e della Mongolia si separassero dalla Cina. Le cinque organizzazioni sopra citate hanno organizzato una “marcia della pace”, cominciata il 10 marzo dalla città indiana di Dharamsala. Questa marcia avrà una durata di cinque mesi e prevede di superare la frontiera tra India e Tibet il prssimo 8 agosto, cioè il giorno dell’inaugurazione del Giochi Olimpici. Ma alla marcia non parteciperanno solo i tibetani. Come dicono loro, lo faranno “con popolazioni di altri territori occupati, come Mongolia e Turkmenistan orientale (Xinjiang)». Anche questi “territori occupati” devono essere liberati.

Tibetaanse Vredesmars: 'Return Home March' Passie voor de Rechten van de Mens (Marcia tibetana per la pace. “La marcia del ritorno al paese”, una passione per i diritti umani) 8 marzo 2008.
Si veda l’articolo: http://passievoormensenrechten.web-log.nl/passie_voor_mensenrechten/2008/03/127-tibetaanse.html

3. Menzogne mediatiche, ma con quale obiettivo?

La maggioranza dei politici e dei media hanno condannato la Cina per quanto è accaduto a Lhasa. Ma come si comporterebbero se bande di giovani rivoltosi si mettessero a rubare e incendiare i negozi di Avenue Louise a Bruxelles? Non reclamerebbero l’intervento della polizia e dure sanzioni? Venerdì 14 marzo per tutto il giorno, la polizia ha agito con molta cautela a Lhasa. Ma nei nostri media abbiamo potuto leggere che la Cina aveva reagito con “eccessive violenze”. Per trasmettere questo messaggio all’opinione pubblica, alcuni media hanno giocato sporco. Hanno cercato di convincerci che gli assassini e gli incendiari erano combattenti per la libertà, duramente repressi. Hanno cercato di screditare la politica cinese ad ogni costo.

Questo 14 marzo i tibetani a Lhasa sono stati “abbattuti come cani” dice la ABC:
Si veda l’articolo: www.abcnews.go.com/International/Story?id=4468783&page=4

Lo International Herald Tribune ha comunicato ai suoi lettori che c’erano stati 30 morti per la repressione cinese.
Si veda l’articolo: www.iht.com/articles/ap/2008/03/15/asia/AS-GEN-India-Tibet-Deaths.php

Radio Free Asia ha presentato un video nella sua pagina web con l’informazione che centinaia di persone “protestavano pacificamente” a Lhasa fino a quando “la polizia cinese ne ha uccisi due”. Sembra che quest’emittente della CIA si crei da sé le menzogne, visto che nel video si vedono solo dei veicoli incendiati. Neanche un poliziotto.
Si veda: http://meyul.com/

Le menzogne mediatiche smontate dalla critica
Gli studenti cinesi all’estero sono rimasti indignati per il trattamento di queste notizie da parte dei media occidentali.
Perciò hanno aperto una pagina web: www.anti-cnn.com/ dove sono confutate queste frottole e la loro critica è contenuta in questo video di quattro minuti:
Si veda: www.youtube.com/watch?v=uSQnK5FcKas

Reporters senza vergogna
Ad eccezione delle organizzazioni che girano intorno al Dalai Lama, l’organizzazione Reporters Sans Frontieres (RSF) in questa campagna si è distinta per le menzogne contro la Cina. RSF pretende di essere un’organizzazione indipendente che difende la libertà di stampa e i diritti umani in tutto il pianeta. Ha sufficiente influenza sui media occidentali, anche se come organizzazione non è altro che una fabbrica di bugie. RSF non ha smesso di pubblicare articoli che fomentano l’odio e incolpano la Cina delle violenze e delle vittime. Non poteva mancare l’appello al boicottaggio dei Giochi Olimpici.
Si veda l’articolo: www.rsf.org/article.php3?id_article=26254

RSF è diretto e in parte sovvenzionato dalla CIA. Il suo capo, Robert Menard, un uomo che mantiene strette relazioni con la mafia di Miami. RSF afferma che “Cuba è la prigione di giornalisti più grande del mondo”. Una affermazione sospendente,se teniamo conto che negli ultimi quaranta anni 791 giornalisti sono stati assassinati in America Latina e nemmeno uno è stato ucciso a Cuba.

Robert Ménard e la sua squadra sono molto attivi nella critica a Cuba. Menard è l’uomo che la settimana scorsa ha cercato di sabotare la cerimonia dell’accensione della fiamma olimpica. Anche se i media continuano a credere alle falsità di Menard, l’UNESCO non si sbaglia; giusto poco tempo fa ha chiuso la collaborazione con RSF. La ragione? In varie occasioni RSF aveva mostrato mancanza d’etica nel trattare certi paesi in modo molto poco obiettivo.
Si veda qui in merito alla decisione dell’UNESCO:www.cubanews.ain.cu/2008/0313fracasaintento.htm

4. Il movimento tibetano è spontaneo e indipendente?

In Cina vivono circa 5,4 milioni di tibetani, cioè lo 0,4% della popolazione totale del paese. Il piccolo valoroso Davide contro il gigante malefico Golia: questa è l’immagine che viene propinata all’opinione pubblica. Anche in questo caso la verità è molto diversa. Il principale sostegno del movimento tibetano sono gli USA e più concretamente la CIA e il Ministero statunitense degli Esteri. Da più di mezzo secolo, il Dalai Lama ha rapporti strettissimi con questi due pilastri della politica estera degli USA; Il Dalai Lama se ne andò dal suo paese per rifugiarsi in India su richiesta della CIA in cambio di una grande quantità di dollari, nonostante l’accordo con il governo di Pechino. Da molti anni la CIA stava preparando una sollevazione armata nel Tibet. La ribellione è scoppiata nel 1959, in quell’epoca la CIA aveva un campo d’addestramento nel Colorado, dove allenava centinaia di tibetani in tecniche di guerriglia e terrorismo.Questo programma durò fino al 1961. Ma il conflitto di bassa intensità (LIC) che la CIA mantiene in Tibet ha continuato a funzionare fino ad oggi. Sono cambiati solo i metodi e le tattiche del LIC. Per maggiori informazioni: www.atimes.com/atimes/China/JC26Ad02.html

Finanziamento attraverso la CIA
L’influenza degli USA sul movimento tibetano è evidente quando notiamo che sono principalmente proprio loro quelli che sostengono quel movimento. Nel 1998, il giornalista Jim Mann ha scritto un interessante articolo nel quotidiano australiano The Age basandosi su documenti ufficiali delle autorità statunitensi. Questo articolo rivelava, tra l’altro, che negli anni 60 la CIA aveva dato 1,7 milioni di dollari l’anno al movimento tibetano all’estero. Il Dalai Lama riceveva direttamente 180.000 dollari all’anno.
Si veda l’articolo: http://listserv.muohio.edu/scripts/wa.exe?A2=ind9809c&L=archives&P=14058
Naturalmente, possiamo domandarci quale sia la qualità democratica del Dalai Lama se il suo movimento riceve appoggio economico da un’organizzazione responsabile di milioni di morti in molti luoghi del pianeta.

Finanziamento attraverso la NED
Nello stesso periodo e in seguito, la CIA dovette affrontare delle critiche per l’applicazione del programma Phoenix in Vietnam, che costò la vita a 26.000 persone, il golpe contro il presidente Allende in Cile e l’appoggio degli squadroni della morte in America Latina. Per questa ragione, una parte delle attività della CIA vennero trasferite ad un nuovo organismo, chiamato cinicamente National Endowment for Democracy (NED, Dotazione Nazionale a favore della Democrazia). Da allora, gran parte del denaro che il movimento tibetano ha ricevuto, arriva dalle sue casse. Venne anche finanziata, fra gli altri, la International Campaign for Tibet (ICT), un’organizzazione il cui obiettivo era allineare l’opinione pubblica mondiale a quella del Dalai lama. Il Consiglio d’amministrazione della ICT è formato, fra gli altri, dall’agente della CIA e presidente ceco Vaclav Havel e dal vecchio presidente della Lituania Vytautas Landsbergis. Queste due persone sono anche membri del Comitato Internazionale per la Democrazia a Cuba, un club d’elite di estrema destra.
Si può ammirare questo gruppo nel link: www.cubanismo.net/teksten_nl/democratie/eu_voor_cuba.htm

Un altro beneficiario del denaro statunitense è il Tibet Fund (Fondo Tíbet). Quest’organizzazione ha come obiettivo quello di convincere i tibetani e il resto del mondo della legittimità del Dalai Lama. Nel 2001, Sharon Bush era la sua direttrice: niente di più e niente di meno che la cognata dell’attuale presidente degli USA.
Un altro gruppo che riceve denaro dal NED è la Tibet Information Network (Rete d’informazione sul Tíbet), la cui sede è a Londra. Questo gruppo ha una vocazione propagandistica. E’ diretto da Oppenheimer, un giornalista che ha lavorato 22 anni per la BBC.

Anche la Tibetan Literary Society (Società Letteraria Tibetana) è finanziata dal NED, per la pubblicazione del giornale Bod-Kyl-Dus-Bab(Tibet Times).
Nei bilanci della Ned compare anche il Tibet Multimedia Center, che diffonde registrazioni audio e video con messaggi del Dalai Lama. La Tibetan Review Trust Society è, anche questa, finanziata dal NED per le sue pubblicazioni in tibetano e cinese.

Nel rapporto NED del 2006 (www.ned.org/grants/06programs/grants-asia06.html#chinaTibet) si può notare che cinque organizzazioni tibetane ricevono fondi che, insieme, arrivano ad un totale di 173.000 dollari. Ma la lista non è completa, per il “carattere confidenziale” di certe donazioni.

Finanziamento attraverso il ministero statunitense per gli Affari Esteri
Il NED non è l’unico a fornire fondi al movimento tibetano. Il Dalai Lama e il suo entourage ricevono grandi somme di denaro attraverso il Bureau of Democracy, Human Rights and Labor (DRL – Ufficio per la Democrazia, i Diritti Umani e il lavoro) del Ministero degli Esteri. Il DRL riceve denaro dallo stato per favorire “la democrazia e i diritti umani” in tutto il mondo. Destina la quarta parte a organizzazioni che si interessano alla “democrazia e diritti umani” in Cina. La maggioranza sono tibetani. L’anno scorso il DRL ha donato 23 milioni di dollari. Un terzo di questo donato è stato dato al Ned, il resto lo ha spartito lo stesso DRL. Tra gli altri beneficiari, il Tibet Fund prima citato. L’ultimo rapporto annuale del Tibet Fund è datato 2005.

Si veda il documento in PDF: http://tibetfund.org/annual_reports/2005report/2005_annualreport.pdf
In quel documento possiamo notare che quell’anno disponeva di cinque milioni di dollari, di cui la metà proveniva dal governo statunitense, specialmente dall’Ufficio di Popolazione, Rifugiati e Immigrazione del Ministero degli Esteri. Quest’ufficio è una sezione del DRL. Nel 2005 il Dalai Lama ha ricevuto direttamente 500.000 dollari del fondo.

Finanziamento proveniente dall’Europa
Il governo statunitense è il principale fornitore di risorse al movimento tibetano. Pertanto, è comprensibile la predilezione del Dalai Lama nei confronti della politica estera degli USA. Ma i governi europei non sono da meno. Grandi fette dei pagamenti al movimento tibetano non sono fatti direttamente, ma per mezzo di fondazioni come, per esempio, la Friedrich Naumann Stiftung Foundation e la Heinrich Böl Stiftung Foundation. Il Dalai Lama, nel 2005 ha conferito il premio Light of Truth (Luce della verità) al conte Otto Lambsdorff, presidente della Friedrich Naumann Stiftung.
Qui si può leggere un rapporto sull’argomento: www.savetibet.org/nl/news/news.php?id=12

5. La Cina è condannata da tutta la comunità internazionale?

Se crediamo alle informazioni occidentali, la Cina è completamente isolata, perciò tutto il mondo condanna la sua politica. In realtà, dallo scorso 14 marzo, un centinaio di paesi hanno manifestato pieno sostegno alla Cina. Le parole “comunità internazionale” in bocca al presidente statunitense Bush, del francese Sarkozy e della cancelliera tedesca Merkel, non rappresentano che loro stessi. Asia America Latina e Africa non fanno parte del coro. Ricordiamo che la “comunità internazionale” di G. Bush appoggiava anche la guerra contro l’Irak. Ma se guardiamo meglio, questo non era vero in assoluto.

Secondo Vietnam, Cambogia e Bangladesh, la Cina si è comportata correttamente.
I governi di Vietnam, Cambogia e Bangladesh sono stati i primi ad esprimere il loro appoggio alla Cina. Il viceministro vietnamita degli Esteri ha dichiarato: “Il Vietnam appoggia pienamente il governo cinese in merito alle misure applicate per stabilizzare la situazione nel Tibet”.
Si veda l’articolo: http://news.xinhuanet.com/english/2008-03/21/content_7832281.htm

Hugo Chávez appoggia la Cina e i Giochi Olimpici
Il presidente venezuelano ha condannato le violenze degli incendiari di Lhasa. Egli è convinto che i responsabili sono gli USA.
Si veda l’articolo: www.standaard.be/Artikel/Detail.aspx?artikelId=B080326

Russia, Bielorussia, Pakistan, i paesi arabi…
Non hanno manifestato appoggio a Pechino solo i diretti vicini.
Si veda l’articolo: www.chinadaily.com.cn/china/2008-03/21/content_6554245.htm

I paesi dell’Asia centrale, Sierra Leone, Benin, Siria, Mongolia, Nepal, Tagikistán...
La lista è lunga. In merito alla sollevazione di Lhasa, il ministro siriano degli Esteri ha dichiarato: “La Siria condanna i fatti e coloro che vi sono dietro.Esprimiamo la nostra solidarietà e ci dichiariamo a favore della posizione della Cina”.
Si veda l’articolo: http://news.xinhuanet.com/english/2008-03/22/content_7836298.htm

“Cuba condanna i fatti recentemente accaduti nel Tibet”.
In questi duri termini il governo cubano ha condannato la sollevazione di Lhasa. Anche Cuba ha dichiarato che “le aggressioni contro 19 ambasciate e consolati cinesi in 16 paesi sono una gravissima violazione dello spirito e della carta della Convenzione di Vienna sui rapporti diplomatici e consolari”.
Si veda l’articolo: www.ansa.it/ansalatina/notizie/notiziari/cuba/20080322215634620241.html

Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org di FR

In Tibet non c'è libertà religiosa?











Quello su cui i media occidentali hanno sorvolato nel 2008

Liberando gli schiavi - Tibet, Diritti Umani





La classe lavoratrice tibetana

239 foto della vecchia classe dominante

Documentario: La storia dei servi tibetani











Documentario sulla rivolta di Lhasa 2008

Free Tibet? Free your mind!

China, Tibet and U.S.-sponsored counterrevolution


http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=17109

An objective look at the "Free Tibet" movement The following is a statement from the Party for Socialism and Liberation

Many U.S. progressives and liberals are supporting the Dalai Lama and the Tibetan opposition to the People’s Republic of China. So are George W. Bush, Rush Limbaugh, the CIA and every pro-imperialist government and media outlet. The vast majority of the peoples of China, including many in Tibet, oppose the U.S.-supported separatist movement.


How could progressive people be on the same side as Bush, the CIA and the ultra-right? How do we explain the paradox of progressive people supporting a movement that is financed and supported by the proponents of the U.S. Empire, as well as by all of the other old European colonial powers that had divided, humiliated and looted China for a full century prior to the 1949 revolution?

This riddle is solved by appreciating the impact of the effective CIA propaganda supporting the Dalai Lama and the old Tibetan ruling class that lost its power, privileges, serfs and slaves because of the Chinese Revolution. This propaganda is echoed in the western media constantly and it has affected liberal public opinion.

The National Endowment for Democracy funds the Dalai Lama and the Tibetan opposition. It also funds or funded the pro-U.S. opposition to Venezuelan president Hugo Chávez, the fascist opposition to former Haitian President Jean-Bertrand Aristide and the opposition to the Cuban Revolution. The NED also funded Ronald Reagan’s contra war against the Sandinistas in Nicaragua.

From 1995 to 2005, the NED gave $2,047,479 to opposition Tibetan publications, radio stations, organizations and other institutes.

The Dalai Lama has a long, close history of working with the U.S. government. In fact, he and his supporters have been on the CIA payroll since the 1950s.

The International Campaign for Tibet, the Tibet Fund, the Tibet Voice Project, the Tibet Information Network, the Tibetan Literary Society, the Tibetan Review Trust Society and the Voice of Tibet all advance the progressive-sounding call for a "Free Tibet." They are all funded by the NED, which is itself funded by the U.S. State Department and the CIA.

According to historian Allen Weinstein, "A lot of what [the NED does] today was done covertly 25 years ago by the CIA." Weinstein helped draft the legislation that created the NED. (1)

Many progressives in the United States believe that Tibet is severely oppressed by the government of the People’s Republic of China. They have been convinced that the Dalai Lama is a man of peace who has been ruthlessly suppressed by China, and that he has the allegiance of nearly all Tibetans. Most of these Dalai Lama supporters sincerely believe in the right of self-determination and believe that the People’s Republic of China has violated this right.

Among this sector of liberal and progressive opinion, the reflex to any struggle between China and what they perceive to be the Tibetan people as a whole is to express profound solidarity with those they consider to be the oppressed.

This view obscures the essential social and class dynamic in Tibet. Influenced by this false conception, people who should know better lose their critical faculties.

Knowing that George W. Bush is an imperialist criminal, one must pause and ponder the question: Why did Bush award the Congressional Gold Medal to the Dalai Lama in a highly publicized White House ceremony in 2007? Bush would never conduct such a ceremony for a genuinely progressive person. Bush views the Dalai Lama in much the same way he viewed Ahmed Chalabi before the invasion of Iraq—as a useful tool for the U.S. Empire.

Demonization campaign a prelude to imperialist intervention

The demonization of China is in full swing now. Demonization is the imperialists’ preferred tool to delegitimize their targets and prepare the ground for a destabilization campaign and possible military intervention.

The demonization tactic has been consistently applied preceding regime changes, coups and invasions: the invasion of Panama in 1989, Iraq in 1991 and 2003, Haiti in the first half of 1990s, the aerial destruction of Yugoslavia in 1999, the military coup in Venezuela in 2002, and the new threats against Iran. The pattern is crystal clear.

Although our organization has profound political differences with many of the policies of the Chinese Communist Party, especially its promotion of capitalist-style market practices, we feel that it is necessary to expose the hidden and not-so-hidden efforts of the Bush administration, the CIA, the Democratic Party and other centers of political power to destabilize and dismember the People’s Republic of China. Most Chinese people recognize that this effort, if successful, would hurl both China and Tibet backward.

Some in the liberal camp might argue that, though U.S. motives may be impure and even imperialist toward China and Tibet, this does not diminish the legitimacy of Tibet’s fight for independence.

Progressives should think this through. For more than a century, Washington has sought to build a world empire. Its foreign and military policies focus exclusively on achieving and maintaining its global aspirations. It is not tenable for progressives to view the issue of self-determination in the abstract; we must account for the strategic designs of imperialism.

The historical analogy of Cuba’s war for independence from the Spanish Empire comes to mind. The U.S. military invaded Cuba in 1898 under the pretext of supporting Cuba’s independence from Spain. Soon, the U.S. government’s own imperialist goals were revealed as it turned Cuba into a protectorate, seized Puerto Rico from Spain and invaded the Philippines.

Mark Twain and the other leaders of the Anti-Imperialist League in the United States exposed the true nature of the U.S. project to incorporate Cuba, Puerto Rico and the Philippines into a new U.S. sphere of influence. Progressives in the United States would be well served by remembering this legacy and applying it to U.S. imperialism’s unfolding struggle to "liberate" Tibet from China.

Mark Twain and his colleagues were deeply sympathetic to the cause of Cuban independence from Spain but they still militantly opposed the U.S. intervention. They understood it was a cruel and cynical U.S. ploy to conquer Cuba. Unlike the current struggle by the Dalai Lama and the Tibetan Youth Congress, Cuba’s independence movement was led by genuine revolutionaries like José Martí.

José Martí, the "Apostle of Cuban Independence," represented the slaves, ex-slaves, workers and peasants against their Cuban bosses and tormentors, as well as the foreign colonizing power. The Dalai Lama, on the other hand, is the voice and figurehead for the ruling elites who lived off of the labor of serfs—modern-day land-slaves. Martí fought the foreign occupier while the Dalai Lama was a well-paid cog in Britain’s colonial machine in Asia.

Myths and facts of pre-revolutionary Tibet and the Dalai Lama

The popular presentation of old Tibet is the Hollywood version of reality. It is both Orientalist and racist. Old Tibet is viewed as a nation founded on peace and spiritual harmony, populated by gentle monks who lived humbly side-by-side with a rustic peasant population at one with nature. In this mythical depiction, the brutal communist government of China is cruelly occupying this idyllic Shangri-la.

Tenzin Gyatso, known as the Dalai Lama, heads the Tibetan opposition movement financed and cultivated for more than 50 years by Washington. He is the religious leader of Tibetan Buddhism and former ruler of Tibet—the "god-king" of the Tibetan feudal system until 1959.

Prior to 1959, 95 percent of the people lived in shocking, slave-like conditions, while an extremely repressive aristocracy "lived in opulent splendor. … Among the populace, a common appellation for the rich was ‘ones whose lips are always moistened by tea.’" (2)

A 1940 survey showed that "38 percent of the households never got any tea, but either collected herbs that grew wild or drank ‘white tea’—boiled water. … 51 percent could not afford to use butter (tea and yak butter were main staples), and 75 percent of the households were forced at times to resort to eating grass cooked with cow bones and mixed with oat or pea flour." (3)

Education was almost non-existent, and what existed was exclusive to the nobility. Health conditions were abysmal, with an estimated 90 percent of the people suffering venereal disease and about 30 percent infected with smallpox. (4) In 1959, infant mortality was 430 deaths per 1,000 births and average life expectancy was 35.5 years. (5)

Of a serf’s production, 50 to 70 percent was owed to his manorial master, in addition to forced labor called "ulag." Dozens of taxes had to be paid, including butter tax, meat tax, wool tax, woolen cloth tax and a tax on tsampa—a staple food usually made from barley—to support the monasteries. Prayer festival taxes, hay taxes, utensil taxes, meat taxes, past-due taxes, corvée taxes in the form of labor, military taxes and others had to be paid to the government. Many additional taxes were paid to the feudal lord.

The extremely high number of manor estates and monks—who performed no work but lived from others’ labor—was an enormous drain on society. Out of the 37,000 inhabitants in Lhasa, Tibet’s capital, 16,000 were monks. The Drepung monastery alone had "185 manors, 20,000 serfs, 300 pastures and 16,000 herdsmen." (6)

Profoundly superstitious beliefs, complete religious control by Tibetan Buddhist lamas over the masses and severe punishment, including death, for any type of disobedience effectively kept the people from rebelling or questioning their condition.

It is no coincidence that the recent chain of events leading up to the present turmoil began on March 10. On that day in 1959, the Dalai Lama and the feudal nobility launched an armed rebellion in Tibet in opposition to major social changes introduced shortly after the triumph of the Chinese Revolution.

Tibet and China before the 1949 revolution

In present-day China, the Han nationality makes up 91 percent of the population. The remaining 9 percent adds up to 105 million people of 55 different nationalities, including 16 million Zhuang, 10.6 million Manchu, 8.3 million Uyghur, 8.9 million Miao, 8 million Tujia, 7.7 million Yi and 5.4 million Tibetan.

Roughly half of the Tibetan nationality lives within the borders of the 470,000 square miles that make up the Tibetan Autonomous Region of China. The remaining Tibetan population lives in the provinces of Sichuan, Gansu, Qinghai and Yunnan. There are also Tibetans in India, Bhutan and Nepal.

Tibet has long been recognized as part of China. The relationship goes back until at least the 13th century, in an arrangement whereby the Tibetan rulers exercised local autonomy while the central Chinese government conducted Tibet’s foreign affairs and defense. In 1906, Britain signed a formal recognition of China’s sovereignty over Tibet.

During an exchange of diplomatic statements between Britain and the United States in 1943, Washington stated: "For its part, the Government of the United States has borne in mind the fact that the Chinese constitution lists Tibet among areas constituting the territory of the Republic of China. This Government has at no time raised a question regarding either of these claims." (7)

Before the Chinese Revolution, Tibet’s lamas and nobility accepted the political arrangement with China’s dynastic rulers—and later British colonizers in the early 20th century—as long as the Tibetan rulers could lord over the Tibetan masses unimpeded. Only when the prospect of socialism threatened their privilege, which was founded on the exploitation of the peasantry, did the Tibetan ruling class decide to break ties with China.

In September 1949, fearful of the impending revolution and a challenge to their power, the Tibetan leaders immediately expelled China’s mission in Lhasa on instructions of longtime British agent Hugh Richardson.

Revolution brings change to Tibet

The aim of China’s October 1, 1949, revolution was the emancipation of all the people of China, including the 55 smaller nationalities within Chinese territory.

The government’s initial attitude toward Tibet was one of extreme caution on the matter of reforms. The government was cognizant of the profound control that Tibetan rulers wielded over the serf population, as well as the historic resentment of the Tibetan nationality towards the Han nationality.

The 1951 "Agreement on Measures for the Peaceful Liberation of Tibet" signed by the new revolutionary government and local Tibetan leaders provided for economic development, education and health care programs.

At first, the old, reactionary social relations were not disturbed. The pact established that "the local government of Tibet shall carry out reform voluntarily, and, when the people demand a reform, shall settle it through consultation with the Tibetan leaders."

Public social projects were inaugurated immediately. The first two roads ever built in Tibet began construction in 1950 and took almost five years to complete. One crossed 14 mountain passes over 1,500 miles from Ya’an in Sichuan province to Lhasa. One truck could transport in two days what it used to take 12 days for 60 yaks to haul. Schools and hospitals were built. (8)

But by 1959, the ruling priesthood, still owners of virtually all the country’s wealth, strongly opposed any attempt to reform their system. Counterrevolutionary bands opposed to change waged paramilitary attacks.

Despite the obstacles imposed by the Tibetan ruling circles, the central government continued the development projects. It firmly believed that the impoverished Tibetan masses, gaining from the progress, would eventually take part in their own emancipation.

There were tremendous difficulties, as one directive from the Central Committee of the Chinese Communist Party to the reformers showed in the early 1950s:

"As yet, we don’t have a material base for fully implementing the Agreement, nor do we have a base for this purpose in terms of support among the masses or in the upper stratum. To force its implementation will do more harm than good. Since they are unwilling to put the agreement into effect, well then we can leave it for the time being and wait. ...

"Let them go on with their insensate atrocities against the people, while we on our part concentrate on good deeds—production, trade, road-building, medical services, and united front work (unity with the majority and patient education) so as to win over the masses and bide our time before taking up the question of the full implementation of the Agreement. If they are not in favor of the setting up of primary schools, that can stop too." (9)

After eight years of harsh opposition by the feudal lords, the new Chinese revolutionary leadership took direct action in 1959 to overturn the serf system.

The Dalai Lama set the date of March 10, 1959, for a reactionary uprising. The Chinese People’s Liberation Army stayed in the barracks for ten days while the Dalai Lama’s forces attacked, winning over the people by revealing who the real aggressor was. Because the uprising lacked popular support and was confined to the area around Lhasa, it was quickly defeated.

The Dalai Lama fled Tibet for exile in India, eventually landing in Dharamsala. There, he developed a close and long relationship with the CIA. His two brothers had already been working actively with the CIA since the late 1950s.

The Dalai Lama’s treasures preceded him out of the country, as well as the wealth of the nobility who joined him in India. Smaller numbers went to Bhutan and Nepal.

Tibetan progress since the 1949 revolution

The obstacles of poverty, illiteracy, isolation and deeply superstitious beliefs made it difficult to bring even minimal development to Tibet.

The Chinese government, which has a long experience in handling the issues confronting national minority peoples in a multi-national state, has also dealt with the problem of chauvinism and racism emanating from the Han population and the government itself.

Members of the Han nationality living or stationed in Tibet exhibited chauvinism in their relations with the Tibetans at times. Ignorant of the Tibetan language, culture and religion—the latter deeply permeated into all facets of life—the cadre had to be intensively trained at the initiative of the Communist Party leadership.

In "The Making of Modern Tibet," A. Tom Grunfeld writes: "They were taught to respect local customs and etiquette, never to defile temples and holy sites, and to never criticize the Dalai Lama or religious practice. They were told not to bring up communism and class struggle. They arrived carrying whatever provisions they could, and paid for everything they purchased. They paid wages to the Tibetans who worked for them and practiced egalitarianism among themselves to set an example." (10)

Although not all statistics compare to those in the more developed areas of China, progress made during the last 50 years has revolutionized life for Tibetans.

Infant mortality has dropped from 430 deaths per 1,000 births, to a range of 6.61 to 24.5 per 1,000 in 2002. Where only 2 percent of school-age children in the 1950s were in school, today the figure is 85.8 percent; however, there is still a need to increase secondary-level educational levels. The region’s 6,348 hospital beds and 8,948 medical personnel exceed China’s national per-capita average. (11)

Before the revolution, the masses had no elections or political life. In 1965, the First People’s Congress of Tibet was held, which led to the founding of the Tibetan Autonomous Region and the Regional People’s Government. There are 70,000 elected representatives on all levels of government in the TAR.

Beijing is intensifying its development programs in Tibet, with substantial investments in housing, medical care, infrastructure and restoration of cultural sites.

The Ninth People’s Congress of the TAR put forth a housing plan for farmers and herders—the backbone of Tibet’s economy—that will build 52,000 housing units in 2008. By 2010, new housing will have been constructed for 80 percent of farmers’ households. (China Radio International, March 22)

In 2006, the annual income of farmers and herders grew 13.1 percent, the fourth double-digit growth in as many years.

Tourism has increased greatly, especially with the construction of two main railroad lines from central China—the world’s highest in elevation. Four million tourists traveled to Tibet in 2007, up 60 percent from 2006, adding substantially to the region’s income.

Tibetan exiles and the CIA

In the late 1950s and 1960s, the CIA trained hundreds of counterrevolutionary exiles in sabotage and terrorism. This took place on bases from Saipan to Virginia, including the main center of Tibetan operations: Camp Hale, in the Colorado Rocky Mountains.

U.S. intelligence documents, which were released in the late 1990s, document the close relationship between the CIA, the Tibetan exile movement and the Dalai Lama personally: "[F]or much of the 1960s, the CIA provided the Tibetan exile movement with $1.7 million a year for operations against China, including an annual subsidy of $180,000 for the Dalai Lama." (12)

Imperialist support for the Tibetan "independence" movement is reminiscent of their support for Cuban counterrevolutionary forces that fled to exile in Miami after the island’s 1959 liberation from U.S. neo-colonial rule.

Soon after Fulgencio Batista’s overthrow, the CIA trained several thousand Cuban reactionaries in bombings, assassination and other terror tactics in the name of "freedom" and "democracy." The terrorist project, codenamed JM WAVE, became the largest operation in the CIA’s history.

Cuban extremist exiles in Miami claim to speak for Cubans who live in Cuba as they work to destroy the social gains that the vast majority of Cubans support. Similarly, the Tibetan reactionary opposition exiled in Dharamsala fights to overturn the social gains of Tibetans living in Tibet.

This time, the U.S. imperialists would dominate Tibet instead of the British. China has made it clear that it will defend its territorial integrity.

Tibetan right-wing groups could not exist without U.S. and European financing or the support of organizations such as Reporters Without Borders and Human Rights Watch. Actor Richard Gere, chair of the International Campaign for Tibet, has given a high profile to the issue.

Today’s Tibetan "independence" movement

In 1989, a U.S.-influenced public campaign to elevate the Dalai Lama as leader of a Tibetan government-in-exile began to accelerate and continues to the present. The Dalai Lama was granted the Nobel Peace Prize in 1989. As a prelude to the present unfolding events, George W. Bush awarded him the Congressional Gold Medal in October 2007 despite protests from China.

The Dalai Lama claims to seek dialogue with China for discussions on autonomy, but that would only be the first step toward an eventual breaking away from China.

Tibetan counterrevolutionary forces lay claim not only to the 470,000-square-mile territory of the TAR, but also to much of four surrounding provinces that would triple the TAR’s political territory to 1.5 million square miles.

There are new formations in the Tibetan right-wing opposition movement, such as the Tibetan Youth Congress. These younger activists demand immediate separation from China, while the Dalai Lama claims to be only for autonomy. These are only minor tactical differences in what amounts to an internationally financed and coordinated counterrevolutionary campaign.

The method of operation, financing and putsch-style mobilizations are very similar to other U.S. plots targeting governments for overthrow.

The recent riots in Tibet, reminiscent of the "color revolutions" that took place in former socialist states like Yugoslavia (2000), Georgia (2003 Rose Revolution), Ukraine (2004 Revolution) and Kyrgyzstan (2005 Tulip Revolution), bear the markings of a CIA-directed offensive.

Attacks on 17 Chinese embassies and consulates—as well as on the Olympics ceremonies in Greece—is more evidence of a high level of central coordination and planning.

Tibetan "self-determination" under the present circumstances

In the current epoch, it is not possible to speak of independence in an abstract sense. Since the triumph of the first socialist revolution in Russia in 1917 and the subsequent development of a socialist camp—including China—imperialist influence has not permitted any state or nationality to remain neutral.

Every national struggle today contains within itself a class struggle. Tibet is not simply a nationality united by religion, culture and history. There are two classes deep in struggle.

One of these classes is the former ruling landlord class, which never gave up its dream to reconquer its privilege. It is backed by U.S. imperialism, whose ultimate objective is breaking up China.

The other is the vast majority of Tibetans, who—despite the shortcomings and mistakes of the central government—have greatly benefited from the Chinese Revolution, which ended feudalism not only for Tibetans but for all of China’s peoples.

If the Tibetan separatists succeed, Tibet will become a vassal state under the control of the United States. Washington will have dealt a major blow to China and taken one more step toward the full overturn of the Chinese Revolution. For Tibet, this would not be "independence" at all, but a return to feudal and neocolonial servitude.

It might seem hard to stand up in the United States against the maturing campaign against China. The media blitz, disinformation and well-crafted propaganda that is being pumped by the corporate-owned media is designed to delegitimize China while building credibility and sympathy for those favored by imperialism. This is all the more reason for progressive people and opponents of imperialism not to buckle under the pressure.

Bush, the Pentagon and the Democratic Party leadership would prefer nothing more than U.S. students forming "Free Tibet" committees and protesting against China’s fictitious "cultural genocide" in Tibet while Washington continues its very real war and occupation of Iraq. The death of one million Iraqis does qualify as real genocide.

China, including the TAR, cannot be assisted by imperialist sanctions, covert operations and military intervention. They will only be enslaved.



Notes:

1. Washington Post, September 22, 1991. Cited in William Blum, Rogue State: A Guide to the World's Only Superpower (2000), 180.

2. A. Tom Grunfeld, The Making of Modern Tibet (Armonk, New York; London, England: M.E. Sharep, Inc., 1996), 16.

3. Ibid.

4. Ibid, 21.

5. "Tibet’s March Toward Modernization," Information Office of the State Council of the People's Republic of China, November 2001, Beijing.

6. Ibid.

7. Grunfeld, 258.

8. Ibid, 121.

9. Anna Louise Strong, When Serfs Stood Up in Tibet (Peking: New World Press, 1965), 45. Cited in Grunfeld, 112.

10. Grunfeld, 61.

11. "Tibet’s March Toward Modernization."

12. J. Mann, "CIA Funded Covert Tibet Exile Campaign in 1960s," The Age (Melbourne, September 16, 1998). Cited in "‘Democratic Imperialism:’ Tibet, China, and the National Endowment for Democracy," Michael Barker (Global Research, August 13, 2007).

E Vattimo firma l'appello contro i monaci tibetani

E Vattimo firma l'appello contro i monaci tibetani

di GIANNA FREGONARA

su Corriere della Sera del 10/04/2008

E se i disordini di Lhasa del 14 marzo non fossero stati altro che «un pogrom anticinese»? Una «caccia all'uomo finita con donne, bambini e vecchi dati alle fiamme?» e se la stampa internazionale «quella europea in particolare» fosse impegnata in «una campagna anti-cinese dai connotati razzisti», degna continuazione del vecchio «piano imperialista contro Pechino e della guerra dell'Oppio?».
A pensarlo sono due intellettuali di sinistra: il filosofo torinese del pensiero debole Gianni Vattimo e lo storico dell'Università di Urbino Domenico Losurdo, che sulla Cina moderna ha scritto più di un libro. Nel giorno in cui Gordon Brown annuncia il proprio boicottaggio politico delle cerimonie olimpiche, Losurdo si è incollato alla sua posta elettronica- per lanciare un appello agli altri intellettuali italiani affinché si riveda l'interpretazione «troppo squilibrata» a favore dei monaci di quanto sta succedendo in questi mesi pre-olimpici dentro i confini del Tibet. Finora l'unico che ha risposto con interesse alla chiamata da Urbino è stato Gianni Vattimo, che ha dato l'ok alla bozza di Losurdo: «Sì, io firmo».
A sostegno della loro tesi, finora del tutto minoritaria, i due professori — Losurdo è considerato vicino all'area dell'Ernesto, la minoranza di Rifondazione comunista, Vattimo, già europarlamentare ds, poi passato al partito dei comunisti italiani di Diliberto è ora approdato al marxismo tour court — portano anche foto, reportage di giornalisti stranieri, testimonianze di turisti che erano a Lhasa in quei giorni e «video della tv cinese, censurati in Italia, ma che — spiega Losurdo — sono facilmente scaricabili da internet»: «La stampa europea e quella italiana in particolare hanno accettato la versione dei monaci, e solo qua e là a spizzichi e bocconi si può leggere qualche informazione corretta sulla selvaggia caccia all'uomo di quei giorni in cui la polizia cinese fu chiamata ad intervenire troppo tardi, quando il più era già avvenuto».
Riportare dunque all'ordine del giorno anche la vulgata cinese è la missione che i due intellettuali si sono proposti e per la quale sono al lavoro, limando il testo dell'appello da proporre ai loro colleghi, ma anche ai parlamentari e all'opinione pubblica. Una difesa vera e propria della Cina «dall'attacco occidentale»: «Prima l'indipendenza mascherata da autonomia del Tibet — protesta Losurdo — del Grande Tibet, poi della Mongolia interna e infine della Manciuria: non è altro che la versione aggiornata del piano imperialista inglese contro la Cina».

Tibet: vero o falso?

Tibet: vero o falso?

di Mila Marcos e Michel Collon

su www.resistenze.org del 23/03/2009

Fatti qualche domanda, per capire quanto conosci della questione del Tibet

Questo “media-test” non vuole scandalizzare. Tutte le posizioni sono rispettabili. Il nostro obiettivo è che ciascuno possa porsi, da solo, una questione essenziale:

“Le mie convinzioni si basano su informazioni affidabili o si è trattato della manipolazione dell’opinione pubblica su alcune questioni critiche?”

Come si fa ad essere un buon giudice? Si devono ascoltare con attenzione le varie posizioni, lasciare i pregiudizi da parte, verificare l’affidabilità di ogni prova, documento o testimone. Non dovremmo essere tutti, lettori o spettatori dei media, interessati ad applicare questo metodo?


1. “Prima dell’invasione cinese, il popolo tibetano viveva in armonia con i monaci e i signori feudali in un ordine sociale ispirato dagli insegnamenti religiosi”.

FALSO.

La dottrina imponeva la superiorità del ricco signore e l’inferiorità del contadino miserabile, del monaco inferiore, dello schiavo e della donna. Si presentava quest’ordine come il risultato ineluttabile della successione karmica, prodotto della virtù dei ricchi e delle loro vite passate.

In realtà, questa ideologia giustificava un ordine sociale di classe feudale: i servi dovevano lavorare le terre del signore o del monastero, gratuitamente e per tutta la vita. Qualunque azione era un pretesto per imporre tasse elevate: matrimonio, funerale, nascita, feste religiose, il possesso di un animale, piantare un albero, il ballo, e persino entrare o uscire di prigione.

Questi debiti potevano essere passati da padre in figlio e proseguire nelle generazioni successive, e se i debiti non venivano pagati, i debitori erano ridotti in schiavitù.

I fuggitivi e i ladri erano perseguiti da un piccolo esercito professionista. Le punizioni preferite erano il taglio della lingua o accecare un occhio, il taglio del tendine del ginocchio, ecc. Tutte queste torture sono state proibite nel 1951 mediante l’applicazione delle riforme portate da Pechino.


2. “Nel 1951 la Cina ha invaso il Tibet”

FALSO.

Il termine “invasione” implica l’idea dell’esistenza di due paesi diversi. In realtà, a partire dal XII secolo, con l’impero mongolo, il Tibet è stato annesso alla Cina. A partire dal secolo XVII il Tibet è diventato una delle diciotto province dell’impero cinese e ogni Dalai-lama riceveva la sua garanzia di legittimazione dall’imperatore cinese.

Alla fine del XIX secolo l’impero britannico ha invaso il Tibet. Il Dalai-lama ha approfittato dell’occasione per rivendicare l’indipendenza tibetana. Questa richiesta, però, non venne presa in considerazione da nessun partito cinese né da alcun paese del mondo. Nel 1949, anche il Dipartimento di Stato USA considerava il Tibet (e Taiwan) come parte integrante della Cina, ma cambia tutto quando la Cina diventa un paese socialista con Mao Zedong.

Era lo stesso Dipartimento di Stato, allora, che scriveva:

“Il Tibet diventa una zona strategica ideologicamente importante. L’indipendenza del Tibet può servire come lotta contro il comunismo, è nostro interesse riconoscerlo come paese indipendente anziché come parte integrante della Cina”. Ma aggiunge: “La situazione cambia se si crea un governo in esilio. In questo caso il nostro interesse sarà di sostenere l’indipendenza del Tibet senza riconoscerla. Il riconoscimento dell’indipendenza del Tibet non è la questione veramente importante. Si tratta della nostra strategia contro la Cina.”


3. “A partire dal momento in cui i comunisti cinesi presero il potere nel 1951, il Dalai-lama e i signori tibetani hanno perso il loro potere politico in Tibet”

FALSO.

Nel 1951 venne firmato l’Accordo per la Liberazione Pacifica del Tibet tra Pechino e il governo locale tibetano. Il Dalai-lama accettò la proposta di Mao Zedong e gli mandò un messaggio telegrafico: “Il governo locale, i lama e le popolazioni laiche del Tibet appoggiano all’unanimità l’Accordo di 17 articoli.”

Questo fu il contesto in cui l’Esercito di Liberazione Popolare entrò in Tibet. L’accordo prevedeva il mantenimento della servitù in Tibet sotto l’autorità del Dalai-lama.

I monasteri, il Dalai-lama e gli ufficiali mantennero i loro possedimenti (70%delle terre). Pechino gestiva solo le questioni militari e i rapporti internazionali. Il governo locale tibetano, composto da lama e signori feudali, negoziò e accettò l’accordo. In contropartita, il Dalai-lama ricevette il posto di Vice-presidente del parlamento cinese, posto che occupò senza il minimo tentennamento.


4. “La battaglia di Lhasa si concluse con la morte di 83.000 tibetani!”

FALSO.

Per capire meglio l’evoluzione del conflitto: mentre in Tibet la servitù feudale era stata mantenuta, dagli anni cinquanta la riforma agraria veniva applicata nelle province limitrofe (abitate da minoranze tibetane che coesistevano con gli Han, Hui, Yi, Naxi, Qiang, Mongoli, ecc.).

Si confiscavano le terre dei grandi proprietari per ridistribuirle ai contadini poveri. Questo processo si sviluppò senza troppe frizioni, dato che il governo cinese pagava una rendita ai vecchi proprietari. Sono i lama e i grandi signori tibetani di queste regioni limitrofe, che per paura di perdere i loro privilegi, cominciarono a organizzare la resistenza.

Nel 1956 scoppiò una rivolta armata, iniziata dal monastero di Litang nella provincia dello Sichuan. Dopo alcune scaramucce con l’esercito rosso, una parte dell’elite tibetana dello Sichuan si è rifugiata in Tibet spargendo voci del “terrore rosso”.

La CIA finanziò e appoggiò la rivolta fin dall’inizio. Avevano addestrato milizie armate nel Colorado, le avevano poi lanciate in Tibet e le avevano rifornite per via aerea. I fatti di sangue di quest’epoca erano in realtà la repressione di una lotta di classi privilegiate organizzate dalla CIA. Nel 1959, le voci secondo le quali “i cinesi volevano sequestrare il Dalai-lama” provocò una grande manifestazione a Lhasa (anche se la CIA, in realtà, aveva già organizzato la fuga del Dalai-lama in India). I manifestanti linciarono alcuni ufficiali tibetani e l’esercito rosso schiacciò la ribellione.

Quanti morti ci furono a Lhasa? Secondo i testimoni raccolti dal politologo pro indipendentista Henry Bradsher, 3.000. Nel 1959 il Dalai-lama pretendeva che fossero 65.000, e aumentò la cifra fino ad arrivare a 87.000. Il problema è che allora, Lhasa aveva una popolazione massima di 40.000 abitanti.

Di certo dopo la ribellione 10.000 tibetani furono condannati a lavori forzati per 8 mesi, e impiegati nella costruzione della prima centrale elettrica di Ngchen. Le cifre fantasiose circa il “genocidio” hanno continuato a circolare. Nel 1984 il governo tibetano ha dichiarato: “Tra il 1949 e il 1979 sono stati assassinati dall’esercito rosso 432.000 tibetani!”


5. In principio, l’India negava l’asilo politico al Dalai-lama

VERO.

Dal 1949 gli USA hanno cercato di convincere il Dalai-lama ad andare in esilio. Per farlo, contarono sull’appoggio dei suoi due fratelli (contattati dalla CIA fin dal 1951) e del consigliere tedesco Heinrich Harrer (ex SS).

L’allora dirigente indiano, Nehru, non aveva intenzione di dargli asilo politico. Perciò, il presidente Eisenhower propose un trattato; se l’India avesse dato asilo politico al Dalai-lama, gli USA avrebbero formato 400 ingegneri indiani in materia di tecnologia nucleare.

Il trattato venne accettato. Nel 1974 la prima bomba atomica indiana vene chiamata cinicamente: “il Budda sorridente”.


6. L’occupazione cinese ha causato la morte violenta di 1,2 milioni di tibetani

FALSO.

Due dati contraddicono questa cifra, accettata senza prove da più di 30 anni dall’insieme dei paesi occidentali.

1- La piramide di età della popolazione tibetana. Si stima che nel 1953 la popolazione tibetana (tanto in Tibet che nelle province limitrofe) raggiungeva al massimo 2,5 milioni di abitanti. Se avessero assassinato 1,2 milioni di tibetani tra il 1951 e l’inizio degli anni 70’, una gran parte del Tibet sarebbe rimasta spopolata. Inoltre, ci sarebbe stato un grande squilibrio tra uomini e donne. I demografi, invece, non rilevano nessuna anomalia nella popolazione tibetana, che non ha mai smesso di aumentare. Attualmente in Cina si contano quasi 6 milioni di tibetani.

2- L’unica persona che ha avuto accesso agli archivi del governo tibetano in esilio è Patrick French, quando dirigeva la campagna “Free Tíbet” a Londra. Con i documenti in mano, French arrivò ala conclusione che le prove del “genocidio tibetano” erano state falsificate. Le battaglie del 1959 erano state contabilizzate varie volte e le cifre dei morti erano state aggiunte, a margine, in seguito. French denunciò questa falsificazione, ma la cifra di 1,2 milioni di morti ha continuato a fare il giro del mondo.


7. “Durante la Rivoluzione Culturale venne proibita ogni pratica religiosa”

VERO.

Tra il 1966 e il 1976, tutte le pratiche religiose vennero proibite, non solo in Tibet, ma in tutto il territorio cinese. Si chiusero i monasteri e i monaci furono obbligati a vivere con le loro famiglie d’origine, dedicandosi al lavoro produttivo, essenzialmente agricolo. Non tutti i monasteri venero distrutti, ma molti oggetti di culto furono spazzati via dalle guardie rosse (giovani intellettuali tibetani aderenti al movimento rivoluzionario cinese).

Quando la situazione degenerò gravemente (eccessi, castighi arbitrari), l’esercito rosso s’interpose e restaurò l’ordine sociale ed economico. Il governo cinese ammise gli errori che aveva commesso in questo periodo e cominciò a finanziare la restaurazione di tutto il patrimonio religioso del Tibet.

I monasteri tornarono a riempirsi di monaci. Attualmente, in Cina vi sono più di 2.000 monasteri tibetani restaurati e in funzione.


8. “Il Dalai-lama è una specie di Papa del Buddismo mondiale”

FALSO.

Il Dalai-lama non rappresenta il buddismo zen (Giappone), né il buddismo del Sud-Est asiatico, né quello cinese. Il buddismo tibetano rappresenta meno del 2% dei buddisti del mondo. In Tibet, inoltre, esistono quattro scuole buddiste separate. Il Dalai-lama appartiene a una di quelle, la geluppa (i “virtuosi” capelli gialli),

Durante la visita che il Dalai-lama fece a Londra nel 1992, fu accusato dalla maggior organizzazione buddista britannica di essere un “dittatore spietato” ed un “oppressore della libertà religiosa”. Si tratta di un “Papa” con pochi discepoli religiosi, ma molti adepti politici.


9. Il Dalai-lama rivendica un territorio equivalente alla quarta parte della Cina

VERO.

Sebbene nelle sue ultime dichiarazioni affermava di accontentarsi dell’autonomia, nei suoi libri rivendica il “grande Tibet”, un territorio due volte più grande di quello su cui i Dalai-lama esercitavano il loro potere politico in passato! Questo territorio include tutta la provincia di Qinghai e parti delle province di Gansu, Yunnan e Sichuan, abitate da varie minoranze, tibetane e non.

Che cosa farebbero? Caccerebbero i non tibetani? Farebbero la pulizia etnica? Certo! Nel 1987 il Dalai-lama ha dichiarato testualmente: “Dovranno partire 7,5 milioni di coloni”. Non si tratta di coloni, però, visto che la popolazione di queste regioni è mista da molti secoli. In ogni caso, questo progetto espansionista provocherebbe ciò che tutte le grandi potenze hanno voluto per più di 150 anni: smembrare la Cina.


10. “Il finanziamento del movimento tibetano proviene da donazioni di ONG umanitarie o caritatevoli”

FALSO.

Il movimento tibetano riceve effettivamente questo tipo di donazioni, ma la sua fonte di finanziamento principale è il governo degli USA. Tra il 1959 e il 1972, la CIA ha dato 1,7 milioni di dollari al “Governo Tibetano in esilio” e 180.000 dollari annuali direttamente al Dalai-lama. Per molto tempo, egli lo ha negato, ma finalmente negli anni ottanta, ha finito col riconoscerlo pubblicamente. Da allora ad oggi i finanziamenti sono stati più discreti, attraverso organizzazioni di copertura come il National Endowment for Democracy (NED), il Tibet Fund, il State Department’s Bureau of Democracy... Un altro dei suoi principali patrocinatori è George Soros, attraverso lo Albert Einstein Institution, che continua ad essere diretto dall’ex colonnello Robert Helvey dei servizi segreti USA.


11. “Il sostegno degli USA al Dalai-lama è motivato da obiettivi strategici”

VERO.

L’elite dirigente degli USA considera la Cina come il suo principale nemico. Anche se si tratta di un socio economico indispensabile, a lungo termine, la Cina è valutata come il principale fattore di resistenza al dominio mondiale statunitense. Gli Stati Uniti prevedono che la Cina supererà la loro economia nel 2030. Di conseguenza, è fondamentale per gli USA evitare che il resto dei paesi asiatici riescano a creare un mercato comune legato alla Cina che potrebbe sfuggire al loro controllo. Quindi, sognano di spaccare la Cina come hanno fatto con l’URSS.

Il loro obiettivo è controllare le ricchezze economiche, la mano d’opera e il mercato più grande del mondo. Per indebolire la Cina gli USA hanno una doppia strategia. Da una parte circondarla con le basi militari, dall’altra, appoggiare il separatismo e ogni tipo di opposizione, cominciando da campagne mediatiche di indebolimento. Questa è la ragione per cui investono grandi somme di denaro nella questione del Tibet.


12. “Il Dalai-lama ha difeso pubblicamente il dittatore fascista del Cile, Augusto Pinochet”

VERO.

Pinochet fu arrestato in Inghilterra dalla polizia britannica, sulla base di un ordine d’arresto internazionale emesso dal giudice spagnolo Baltasar Garzón. In quell’occasione il Dalai-lama raccomandò vivamente al governo britannico la liberazione di Pinochet, per evitare che fosse giudicato in Spagna per crimini contro l’umanità.

Anche Pinochet era un vecchio impiegato della CIA. Il Dalai-lama, in effetti, è una pedina degli Stati Uniti. Nel 2007, George Bush gli ha conferito la maggior decorazione degli USA, la Medaglia d’Oro del Congresso. Sua Santità allora ha incensato Bush per i suoi sforzi a favore della democrazia, della libertà e dei diritti umani in tutto il mondo.

E ha persino definito gli USA “campioni di democrazia e della libertà!”


13. “Reporter sin Frontieres (Rsf) appoggiano il Dalai-lama in modo disinteressato”

FALSO.

RSF si presenta come un’organizzazione che lotta a favore della libertà dei giornalisti, e un gran numero di donatori credono di appoggiare un’organizzazione indipendente ed obiettiva. Ma il finanziamento per assistere giornalisti oppressi occupa solo il 7% del finanziamento globale. Il resto è diretto a finanziare campagne politiche, nelle quali si trova il denaro sporco.

Il patron di RSF, Robert Ménard, è un difensore dei diritti dell’uomo a geometria variabile. Perché critica Venezuela e Cuba deformando i fatti? Ha avuto finanziamenti dalla mafia cubana di Miami. Perché critica la Cina per la sua politica nel Tibet? Ha ricevuto 100.000 dollari dagli anticomunisti di Taiwan. Certo Ménard è molto più timido quando si tratta di criticare gli USA, il paese che ha ucciso più giornalisti negli ultimi anni (soprattutto in Iraq). E’ finanziato dalla CIA attraverso la NED, citata in precedenza.

Perché Ménard ha lasciato che RSF smettesse di criticare i media francesi? Perché è legato finanziariamente ai grandi media francesi e ad alcune grandi multinazionali. I distributori di stampa (proprietà parziale di Lagardère) distribuiscono gratuitamente i suoi album fotografici. “Non si sputa nel piatto in cui si mangia!” Lo ha riconosciuto lo stesso Ménard nel 2001. Come fare, per esempio, ad organizzare un dibattito sulla concentrazione della stampa e poi chiedere a Hanvas o a Hachette di finanziare l’evento?

Nonostante tutti questi sfondi sospettosi, la maggioranza dei grandi media continuano a difendere gli argomenti di Ménard. Ma l’UNESCO ha smesso di finanziarlo con questa spiegazione: “In varie occasioni, RSF aveva dato prova di mancanza di etica nel trattare alcuni paesi in maniera molto poco obiettiva.”


14. “La Cina sta facendo un genocidio culturale in Tibet”

FALSO.

Il Tibet è da tempo una regione autonoma. Dagli anni 80’, la cultura e la religione tibetana si pratica liberamente, i bambini sono bilingue e sono stati aperti istituti di tibetologia. I monasteri si sono riempiti di lama, compresi i bambini. La lingua tibetana è parlata e scritta da molte più persone che prima della rivoluzione. Nel Tibet esiste un centinaio di riviste letterarie. Anche la rivista Foreign Office, vicina al Dipartimento di Stato degli USA, ha riconosciuto che la pratica del bilinguismo era usata dal 60/70% dei funzionari di etnia tibetana.

Inoltre, la cultura tibetana ha avuto nuove prospettive dallo sviluppo nel resto della Cina, specialmente nell’ambito della lingua, la letteratura, gli studi sulla vita quotidiana e l’architettura tradizionale. In Cina sono stati pubblicati importanti collezioni di libri, giornali e riviste in lingua tibetana. Ci sono molti editoriali dedicati a promozioni di lingua tibetana, non solo in Tibet ma anche a Pechino. La realtà dimostra che l’idea del “genocidio culturale” non è altro che un mito della propaganda politica.


15. “Le violenze che sono avvenute a Lhasa, lo scorso 14 marzo 2008, sono la conseguenza della durezza con cui la polizia e l’esercito cinese hanno represso una manifestazione pacifica.”

FALSO.

Tutti i testimoni occidentali presenti in quel momento, tra cui il giornalista James Miles (The Economist), confermano la stessa versione: le violenze furono scatenate da giovani tibetani che erano stati diretti da alcuni lama per commettere atti vandalici.

Si trattava di azioni criminali programmate a carattere razzista. Vari gruppi, tutti armati nello stesso modo (bottiglie Molotov, pietre, sbarre di ferro e coltelli da macellaio), agendo alla stessa maniera, si sono sparpagliati a Lhasa seminando il panico e attaccando gli Han (cinesi) e gli Hui (musulmani). Hanno attaccato scuole, ospedali, hotel. Hanno bruciato vivi e lapidato vari civili. Sono stati contati 19 morti e più di 300 feriti. Alcuni tibetani più anziani hanno soccorso alcune vittime salvando loro la vita.

Quando si sono verificate queste violenze razziste, i sostenitori del Dalai-lama hanno preteso che si è trattato di una montatura compiuta da soldati cinesi travestiti da monaci, facendo circolare la fotografia, una cosiddetta “foto-satellite”, che pretendeva di provare i fatti. Abbiamo dimostrato che quella foto è stata un’enorme farsa.

In un primo tempo, la polizia e l’esercito cinese sono rimasti passivi, per poi intervenire e far cessare l’ondata di violenze. Quante vittime ci sono state? I media occidentali diffondono una cifra che raggiunge le “centinaia”, ma ancora una volta, questa cifra proviene dall’entourage del Dalai-lama. Alcuni dei “morti” contati dal governo tibetano in esilio ora vivono in Tibet. Altri si chiamano “Dupont, Charleroi “, senza altra precisazione.


La polemica non è finita.
Per info e contatti:mila.marcos.investigaction@gmail.com


Note bibliografiche di carattere generale

Libro de Elisabeth Martens “Storia del Buddsmo tibetano, la Compassione dei Potenti”

Edition L’Harmattan, collection « Recherches asiatiques », 2007.

ISBN: 978-2-296-04033-5, Prezzo: 25,50 €

- Libro Elisabeth Martens - Interview-presentation: http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2007-11-23%2009:44:24&log=lautrehistoire

- Elisabeth Martens – “Bio branchés, BT-light ou dalaïstes convaincus: de quelle gauche s’agit-il ?” (Un partie de son livre)

http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2008-04-28%2015:24:38&log=invites

- Elisabeth Martens – “Ce que le Dalaï Lama ne dit pas sur le Tibet et sur sa doctrine”

http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2007-11-23%2009:44:24&log=lautrehistoire

- “Tibet : Réponses sur l'Histoire, la religion, la classe des moines, les problèmes sociaux, la répression, le rôle des USA...” - http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2008-03-28%2006:21:41&log=invites Note bibliografiche di carattere specifico 1.«Prima dell’invasione cinese il popolo tibetano viveva in armonia con i monaci e i signori feudali in un ordine sociale ispirato dagli insegnamenti religiosi»

- Michael Parenti – « Le mythe du Tibet ».

http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2005-08-24%2011:39:05&log=invites

- Zang Yanping – « Quand le Dalaï Lama était au pouvoir, 95% des Tibétains pouvaient être vendus comme des marchandises »

http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2008-03-20%2005:43:04&log=lautrehistoire

2. «En 1951, la Cina invase il Tíbet.»

- Elisabeth Martens – “Tibet : Réponses sur l'Histoire, la religion, la classe des moines, les problèmes sociaux, la répression, le rôle des USA...”

http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2008-03-28%2006:21:41&log=invites

3. «da quando i comunisti cinesi prendono il potere nel 1951, il Dalai-lama e i signori tibetani hanno perso tutto il loro potere politico»

4. «La battaglia di Lhasa fa 83.000 morti tibetani.»

- Jean-Paul Desimpelaere – « Les Chinois ont-ils liquidé les Tibétains? »

http://www.mondialisation.ca/index.php?context=va&aid=7771

5. «All’inizio l’india negava l’asilo politico al Dalai-lama.»

- Comaguer- “Les USA, la Chine et lInde : aperçu sur la géopolitique de l'Himalaya”

http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2008-04-04%2005:54:19&log=invites

6. «L’occupazione cinese provoca la morte violenta di 1,2 milioni di tibetani.»

- Jean-Paul Desimelaere – “La CIA sponsor del Dalaï Lama”

http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2008-01-02%2018:31:49&log=lautrehistoire

7. «Durante la Rivoluzione Culturale era proibita ogni pratica religiosa.»

8. «Il Dalai-lama è una specie di Papa del Buddismo mondiale.»

- Peter Franssen – « Le Dalaï Lama : "Les Etats-Unis sont les champions de la démocratie et de la liberté”

http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2008-03-20%2006:42:36&log=invites



- Nico Hirtt – «A propos de la visite du « chef spirituel tibétain » en Belgique”

http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2008-04-28%2014:33:18&log=invites

9. «Il Dalai-lama rivendica un territorio equivalente alla quarta parte della China.»

- Domenico Losurdo “Il Dali-lama è un moderato?”

http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2008-05-27%2000:11:17&log=invites

- Michael Parenti - Le mythe du Tibet

http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2005-08-24%2011:39:05&log=invites

10. «Il finanziamento del movimento tibetano proviene da donazioni di ONG umanitarie o caritatevoli.»

- Infortibet - La CIA : "C'est nous qui avons préparé l'insurrection au Tibet"

http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2008-03-20%2006:37:04&log=lautrehistoire

- Jean-Paul Desimelaere - La CIA sponsor du Dalaï Lama

http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2008-01-02%2018:31:49&log=lautrehistoire

- Jean Paul Desimpelaere - "La Chine force les nomades tibétains à habiter en ville” : info ou intox?

http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2008-01-14%2010:20:14&log=attentionm

11. «Il sostegno degli USA al Dalai-lama è motivato da ragioni strategiche»

- Elisabeth Martens – « Quelles issues pour la crise Chine-Tibet ? » http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2008-04-28%2014:52:36&log=invites

- Domenico Losurdo – « Quando è perché gli USA hanno cambiato posizione sul Tibet»

http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2008-04-02%2023:07:29&log=lautrehistoire

12. «El Dalai-lama defendió públicamente el antiguo dictador fascista de Chile Augusto Pinochet.»

- F. William Engdhal – « Jeux géopolitique risqué : Washington jue le Tibet à la roulette avec la Chine »

http://www.alterinfo.net/Jeu-geopolitique-risque-Washington-joue-le-Tibet-a-la-roulette-avec-la-Chine_a18783.html

13. «Reporteros Sin Fronteras apoya al Dalai-lama de forma desinteresada.» - Pagina oficial de Reporteros Sin Fronteras.

http://www.rsf.org/rubrique.php3?id_rubrique=21

- Jean-Guy Allard – « Robert Ménard a reçu 100 000 $ de Taiwán »

http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2008-05-02%2016:47:41&log=invites

- Thierry Meyssan - “Reporters sans Frontières couvre la CIA”

http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2005-12-07%2019:30:56&log=invites

- Jean-Guy Allard – “RSF reçoit son financement de Taipei”

http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2008-04-10%2013:55:15&log=invites

- Jean-Luc Mélenchon - “Je ne suis pas d'accord avec le boycott des J.O. et la propagande anti-chinoise”

http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2008-04-30%2014:42:44&log=invites

- Salim Lamrani - Cuba, Internet et Reporters sans frontières

http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2007-03-09%2005:51:18&log=invites

- Maxime Vivas - La face cachée de Reporters sans Frontières

http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2007-11-19%2009:01:32&log=attentionm

14. «China está cometiendo un genocidio cultural en el Tibet.»

- Ingo Nentwing – “Génocide culturel” au Tibet”

http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2008-05-02%2017:19:23&log=invites

- AlterInfo – “Un sinologue allemand réfute les allégations de génocide culturel' au Tibet”

http://www.alterinfo.net/Un-sinologue-allemand-refute-les-allegations-de-genocide-culturel-au-Tibet_a19137.html

16. “Le violenze che sono avvenute a Lhasa, lo scorso 14 marzo 2008, sono la conseguenza della durezza con cui la polizia e l’esercito cinese hanno represso una manifestazione pacifica”.

- Michel Collon - “Tibet :Inchiesta su una foto manipolata” http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2008-04-03%2007:17:28&log=articles
- Peter Fransen – “Cos’è successo davvero a Lhasa? Giornalisti e turisti dicono un’altra cosa”
http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2008-03-20%2006:18:02&log=attentionm
- Peter Franssen – “5 questions à propos du soulèvement au Tibet” http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2008-03-28%2014:10:11&log=invites
- Elisabeth Martens – “Tibet : un appel de Bouddha à l’esprit critique !” - http://www.michelcollon.info/articles.php?dateaccess=2008-04-10%2013:44:48&log=invites

Altre note bibliografiche. Se si vuole consultare la versione dei sostenitori del Dalai-lama e del separatismo:

- http://bouddhisme.info/
- http://images.library.wisc.edu/FRUS/EFacs/ : Archivos de la « Foreign Relations of United States»
- www.iiss.org/about-us : Mapa « US troop deployment » en el portal del « International Institute for Strategic Studies”
- www.berzinarchives.com
- www.buddhaline.net Discurso de su Santidad el Dalai Lama en el Parlamento Europeo (01/11/01)
- www.cerbi.com
- www.clio.fr/chronologie_tibet_durepli_a_l_ouverture_force
- www.dalailama.com: Portal oficial del Dalai Lama
- www.darshan.fr.eu.org
- www.karmapa-europe.net
- www.maisondeshimalayas.org
- www.mindandlife.org : Portal del Instituto “Mind and Life”
- www.progressive.org
- www.solhimal.free.fr
- www.theepochtimes.com : Portal de « The Epoch Times », periódico del FaLunGong
- www.tibet.fr/site/gouvernement.php : Portal del Gobierno tibetano en el exilio y de la Campaña “Free Tibet”.
- www.tibet-info.net
- www.tibet-info.org/amisdutibet/ : Portal de “Los amigos del Tíbet”.
- www.trimondi.de/Kalachakra/literatur.ka.htm
- www.trimondi.de : Foro crítico sobre la Kalachakra
- www.wikipedia.org/wiki/livre_des_morts_tibétains

da Rebelion - www.rebelion.org/noticia.php?id=69452
Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org di FR